Internet è una risorsa inesauribile di stimoli. Gli ultimi due post, blog o "pezzi" che ho letto e che per caso si sono trovati in successione erano una riflessione sullo spazio. Il primo (che è arrivato sotto i miei occhi a due anni dal suo verificarsi) riguarda l'uso del suolo pubblico a Napoli. Mi è sembrato assolutamente coerente con l'idea di attivare dei vuoti urbani.
1_Nell'articolo del Corriere del Mezzogiorno si legge di una piccola piscina allestita in un vicolo di Napoli, "perché il mare di Napoli è inquinato". Interessanti anche i commenti che seguono l'articolo: chi si schiera contro, indignato perché si tratta di un gesto che rivela prepotenza e menefreghismo per la res publica, chi guarda con simpatia, ricordando la fantasiosa intelligenza partenopea. Io osservo - per il momento. E prendo appunti. C'è spazio per una piscina anche in un vicolo di Napoli. Quel vicolo non è soltanto una punto di passaggio, ma un luogo dove può accadere qualcosa. La strada come piazza, forse di più come cortile di un condominio - torna l'idea di cortile: l'esperienza personale, il ricordo invade la progettazione, contamina la riflessione architettonica -. Come si definisce lo spazio pubblico? Ed è veramente spazio pubblico un vicolo così stretto attorno alla comunità che ci vive dentro? Quanto conta la gestione pubblica, quanto pesa la presenza della mano pubblica; come si può respirare il senso di una cosa che dovrebbe essere di tutti in luoghi che restano lontani da un uso comune e che sono reali solo per chi ci vive davvero dentro?
Pressphoto, Vicolo Canale Tavernapenta Napoli |
2_Sulla rarefazione dello spazio.
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