lunedì 25 giugno 2012

martedì 19 luglio 2011

Verso l'esame

concept

piano terra




piano primo e seminterrato




Bang!

pianta funzionale
schema di percorsi

Strategia Ambientale

Strategia ambientale2

domenica 17 luglio 2011

Gemellaggio Roma - Alghero: il progetto di Vincenzo De Martino & co.

Pubblicare su un blog equivale al gesto di un ex-porre moltiplicato dalle possibilità della rete. Naturalmente una moltiplicazione così estesa implica il rischio paradossale dell'invisibilità: l'eccesso di immagini, tempo e spazio, crea il paradosso contemporaneo per cui è l'assenza ciò che distingue i corpi. E l'assenza, il silenzio diventano più visibili e più forti di qualsiasi altro linguaggio. (Christo) 
Per acquistare visibilità è necessario costruirsi come riferimento autorevole oppure diventare uno dei nodi di una rete. Non potendo essere riferimento mi sono trovata nella condizione a me certo più congeniale di nodo di una rete in crescita. Il tema dell'attivazione dei vuoti urbani ha raggiunto l'università di Alghero. Ed è questa la meraviglia della rete: il messaggio arriva e diventa altro, l'autore stesso del messaggio può rileggerlo e rivederlo con gli occhi nuovi di chi lo ha interpretato. Il gioco è di perdersi fra le interpretazioni dimenticandosi chi ha cominciato il discorso. E' sempre interessante alzare gli occhi dal proprio lavoro e vedere quale sarebbe l'approccio di altri. E' quello che faccio. E' una questione di rete.

Università degli studi di Sassari_Facoltà di Architettura di Alghero_Corso di Laurea in Pianificazione Ambientale Urbanistica Territoriale e Gestione Urbana_doc. Francesco Indovina_ Oriol Nello_
stud_Damiano CADONI, Vincenzo DE MARTINO, Irene TEDDE.







Scoperte: L'Oasi dei Bimbi a Monteverde

Se si impara a guardare, a tenere sempre l'occhio vigile,  la possibilità per un architetto di trovare ispirazioni e suggestioni, soluzioni interessanti è sempre in agguato, pronta a sorprenderci. E' capitato così:  aspettando l'apertura di un negozio in zona Monteverde a Roma, mentre si passeggiava con amici alla ricerca di un rifugio climatizzato dalla calura estiva della capitale ad un tratto scopro "l'oasi". 
Si tratta di un piccolo giardino pubblico in cui era presente un fabbricato destinato a ludoteca e laboratorio bambini: il fabbricato è stato ampliato con una struttura di circa 35 mq realizzata da una struttura in acciaio rivestita da un doppio strato di pannelli in policarbonato. Si tratta di un volume smontabile concepito come temporaneo e che tenta di mitigare l'eccessiva radiazione solare della grande vetrata esposta a Sud dell'edificio preesistente. Piccolo, low cost, reversibile ed efficace. 







Piccolo dubbio: la presenza del ventilatore mina l'idea di efficienza del doppio involucro in policarbonato. Sarà davvero necessario il ventilatore - in effetti non si vedono bocchette o aperture per un ricambio dell'aria... Forse la presenza di un computer insieme all'attività metabolica di una persona scalda troppo l'interno di un locale che di fatto risulta isolato... dalla forma architettonica all'esperienza di chi la usa: è necessaria una seconda visita per un'intervista!

venerdì 1 luglio 2011

martedì 28 giugno 2011

Parole rubate: CONFLITTO

http://ariannagalimberti.blogspot.com/


Le consegne del laboratorio sono sempre interessanti: il procedere silenzioso e misterioso della progettazione emerge e si fa immagine. Le immagini diventano commento, riflessione. Parole che costruiscono suggestioni, tornano a costruire immagini diverse da quelle di partenza. Discutere di un progetto è sempre foriero di spunti importanti. 
Il tema dell’ibridazione che il contemporaneo innesca è uno dei miei temi preferiti: mi interessa considerare cosa differenzia il mio presente dal passato. Ovviamente l’evoluzione tecnologica, specie nell’ambito dei media, lascia una fortissima traccia nella società contemporanea; ma l’altro aspetto interessante è la visione del mondo naturale. Gilles Clement nel suo “Giardiniere Planetario” mostrava come in realtà ci trovassimo in una condizione di completa urbanizzazione dell’intero globo terrestre in cui la Natura selvaggia era diventata una sorta di immagine letteraria più che una realtà: dal momento che il paesaggio vergine è sparito dal pianeta civilizzato, quello che abbiamo sotto gli occhi risulta essere una secondarizzazione dello spazio naturale (G. Clement, Il giardiniere planetario, 22publishing, Milano, 2008, pg 43). Il “verde” non è scomparso, ma è sempre più difficile individuarlo come entità assoluta. E’ molto più facile ritrovare paesaggi in cui Natura e elementi antropici si contaminino, creando appunto una nuova dimensione ibrida. 
In questa ibridazione si ritrovano elementi naturali ed elementi artificiali. Le plastiche sono un materiale totalmente prodotto dall’uomo. Un materiale dalle possibilità di utilizzo praticamente infinito. Forse il simbolo dei materiali artificiali: Maldonado si riferisce proprio ai polimeri quando tratta il fenomeno della dematerializzazione connessa allo sviluppo della realtà virtuale nella società contemporanea. L’altra forma di virtualizzazione è invece connessa con la teoria secondo la quale la superficie di gran parte degli oggetti di oggi, per il particolare tipo di materiale con cui sono stati prodotti, non esibirebbe più la struttura del materiale, bensì la celerebbe sotto una sorta di patina opaca. (Nel caso specifico, si allude presumibilmente non solo ai materiali avanzati di recente sviluppo, ma anche ai polimeri sintetici ormai vastamente diffusi dal 1930 in poi, ossia alle plastiche in genere). La superficie di questi materiali sarebbe caratterizzata da una sorta di opacità, in quanto la sua struttura costitutiva rimarebbe occulta, inaccessibile all’osservatore, la superficie dei materiali tradizionali al contrario sarebbe un esempio di trasparenza, in quanto le loro più intime, recondite articolazioni materiali risulterebbero facilmente percepibili. (T. Maldonado, Reale e virtuale, Feltrinelli, 2007, pg 81)

Il progetto di Arianna Galimberti rievoca forse questo scenario di ibridazione e vi assimila quella lezione “pop” che vive anche della leggerezza dei riferimenti propria della generazione di surfers di oggi: l’immediata accessibilità alla totalità dei dati storici sviluppata dai media schiaccia tutto ad un livello di superficie, consentendo operazioni di assemblaggio e collage tra i più disparati elementi. La plastica e la natura vivono in un unico elemento, lo costruiscono. E’ emersa una mancanza di pathos in questo scontro. L’espressione che rubo da quel giorno di riflessione è CONFLITTO: mancava l’istanza di conflitto tra i due elementi. Interessante. Ma non so se l’idea di conflitto, contrasto tra i due elementi, pathos che nasce tra il confronto manicheo di due entità opposte possa apparire oggi come chiave di interpretazione. 
Esiste questo tipo di pathos nelle sfumature? Nelle contaminazioni? O si tratta piuttosto della costruzioni di immagini in cui sì si rivelano le parti costituenti, ma queste emergono solo dopo l’acquisizione di un’immagine unica, straniante, perché non univocamente legata o al contesto naturale o a quello artificiale?
La ricerca espressiva che porta avanti questo progetto si annoda ad una serie di esperimenti architettonici dal linguaggio che imita la natura attraverso tecniche digitali e fonde l’immagine di organismo con i nuovi materiali del contemporaneo. Un ibrido. Una macchina naturale. Una natura bionica.
Una nuova specie. Forse.